EFFETTI DI UN PERCORSO EDUCATIVO SULLA QUALITÀ DI VITA DEL PAZIENTE SOTTOPOSTO AD EMODIALISI:
uno studio osservazionale
Martina Riet1, Michela Ippolito2, Paolo Ferrara3, Lea Godino4, Elisa La Malfa5,
Mauro Parozzi5, Stefano Terzoni6
1 U.O. Chirurgia toracica, Istituto Europeo di Oncologia, Milano
2 U.O. Dialisi, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano
3 Corso di Laurea in Infermieristica, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano
4 Unità di Genetica Medica, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna
5 Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Parma
6 Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano
INTRODUZIONE
È noto come nei percorsi pre-dialitici e dialitici la compliance del paziente a modificare la propria dieta (e, di conseguenza, il proprio stile di vita) non sia sempre ottimale1; modifiche ricorrenti e restrizioni alimentari portano spesso il paziente a trascurare quello che è un aspetto terapeutico fondamentale e che incide in tutto e per tutto sulle sue condizioni di salute e di vita. L’educazione terapeutica del paziente in ambito dialitico, finalizzata a incentivare l’adesione a specifici regimi dietetici2,3 e pratiche di self-care, assume dunque un ruolo fondamentale nell’evitare complicanze anche gravi (es: edemi con fovea, complicanze cardiovascolari e respiratorie, edema polmonare, limitazioni delle attività quotidiane per affaticamento, mobilità difficoltosa)3,4,5. L’implementazione di interventi mirati di educazione terapeutica da parte infermieristica riveste pertanto un ruolo di apicale importanza strategica per migliorare non solo la vita del paziente ma anche gli esiti clinici.
MATERIALI E METODI
È stato svolto uno studio osservazionale per valutare l’efficacia di un programma di educazione terapeutica implementato da un’azienda sanitaria lombarda, mirato a migliorare l’aderenza terapeutica e dietetica nei pazienti in emodialisi analizzandone i cambiamenti nella qualità di vita prima e dopo il percorso educativo a conduzione infermieristica.
Il programma di educazione terapeutica a gestione infermieristica implementato dall’azienda prevedeva due fasi distinte:
- in una prima fase è stato consegnato ai pazienti sottoposti a dialisi ed ai loro caregiver un opuscolo con finalità educative. Il contenuto dell’opuscolo, infatti, forniva consigli e indicazioni pratiche, utili a gestire le modificazioni dietetiche che il regime di dialisi comporta.
- In una seconda fase, a distanza di un mese dalla consegna dell’opuscolo e per la durata di un mese, durante le sedute dialitiche il personale infermieristico effettuava interventi di formazione frontale, coinvolgendo il paziente con esempi pratici che spaziavano dalle metodologie di cottura alternative finalizzate alla diminuzione degli introiti di acqua all’utilizzo di accorgimenti o ricette specifiche per eliminare alcuni alimenti, come il sale.
La raccolta dati si è avvalsa dell’utilizzo di due questionari validati presenti in letteratura: l’SF-12 (Short-Form-12-health-survey questionnaire) ed il QAF (Questionario sull’Adesione alla terapia Farmacologica e dietetica). Tali strumenti sono stati somministrati prima ed a distanza di tre mesi dal termine del programma di educazione terapeutica a conduzione infermieristica.
RISULTATI
Hanno partecipato allo studio n.79 pazienti di cui 42 hanno completato entrambe le fasi del programma educativo. L’età media si è attestata attorno ai 75 anni. La distribuzione non normale dei dati relativi al tempo da cui i pazienti fossero sottoposti a regime dialitico (Shapiro-Wilk < 0.05) ha mostrato un intervallo di tempo mediano di 32 mesi con IQR [8; 68]. Il 72,2% dei pazienti (n.57) è risultato essere iperteso mentre il 35,4% dei pazienti (n.28) è risultato affetto da diabete.
Analizzando le risposte del QAF somministrato prima dell’intervento educativo, sono state rilevate alcune criticità concernenti la consapevolezza di dover ridurre l’introito di liquidi giornalieri, del potassio e del fosforo che sono contenuti principalmente in frutta e verdura. Inoltre, molti pazienti hanno dichiarato di non assumere correttamente la terapia farmacologica perché non percepiscono reali benefici e spesso smettono di assumerla per gli effetti collaterali che insorgono.
Stante la differenza campionaria fra le due rilevazioni, le differenze fra i gruppi sono state sottoposte al test U di Mann-Whiteney sia per singolo item che punteggio complessivo. Come riportato in Figura 1, le differenze di punteggio del questionario SF12 si sono attestate come globalmente significative (p <0.001, r = 0.6468) e nello specifico, sono state riscontrate differenze riferite nella capacità fisica (item 2 e 3, p <0.01), una riduzione delle limitazioni funzionali (p<001) con un aumento percepito delle energie disponibili (item 10, p<0.01) e dello stato della propria salute, percepita a livello generale (item 1, p=0.02). Al questionario QAF, per quanto globalmente non significativo, è stato rilevato un miglioramento significativo nei comportamenti alimentari (item 2, 3, 7, p<0.03) e sull’aderenza dietetica (item 10, 11 e 12, p<0.009). Anche l’adesione alla terapia farmacologica sembra migliorare: la percezione del carico terapeutico migliora (item 15, p<0.001) e migliora l’aderenza terapeutica (item 5, p<0.001). Visti i risultati, è stata effettuata un’analisi di regressione lineare inserendo gli item della scala QAF come possibili covariate del punteggio complessivo SF-12, andando a valutare se la qualità di vita legata alla salute potesse dipendere in questi frangenti dai comportamenti alimentari e di aderenza terapeutica. Il modello è risultato statisticamente significativo (F(20, 100) = 9.17, p<0.001) con un coefficiente di determinazione R²=0.647, indicando che circa il 64.7% della varianza del punteggio sulla qualità della vita percepita è spiegata dalle variabili incluse nel modello, attestandosi su valori indiscutibilmente buoni. I risultati «post» intervento di educazione terapeutica sono risultati associati significativamente al punteggio SF-12 (β = 3.70, p < .001), suggerendo un effetto positivo dell’intervento di educazione terapeutica effettuato dagli infermieri.
Figura 1. Differenze di punteggio complessivo SF-12
CONCLUSIONI
I risultati positivi di questo studio rimarcano la significatività del ruolo dell’infermiere nel contesto dell’educazione terapeutica al paziente in dialisi. I miglioramenti significativi nei comportamenti alimentari e nell’aderenza dietetica e farmacologica sembrerebbero incidere con altrettanta significatività sulla qualità di vita del paziente e sulle sue condizioni cliniche.
Al fine di incrementare ulteriormente il miglioramento degli outcomes, potrebbe essere auspicabile il coinvolgimento di ulteriori specialisti in modo da enfatizzare le sinergie interprofessionali in funzione della qualità di vita del paziente.
POSTER
BIBLIOGRAFIA
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